Qualche anno fa si basavano principalmente sulla parola scritta, poi sulle immagini… e oggi sulla voce? Stiamo parlando, ovviamente, dei social media e della loro evoluzione, che da qualche settimana sembra segnata dall’ingresso rivoluzionario nel panorama digitale di Clubhouse, la nuova rete sociale in cui le interazioni avvengono appunto tramite il solo utilizzo della voce.
Il fenomeno Clubhouse è in questi giorni sulla bocca di tutti. Nato meno di un anno fa in Silicon Valley, Clubhouse è il social network con protagonista la voce valutato 100 milioni di dollari e pronto a conquistare anche l’Italia.
L’azienda dichiara di consentire “alle persone di tutto il mondo di parlare, raccontare storie, sviluppare idee, approfondire amicizie e incontrare nuove persone interessanti”. In pratica, dopo l’iscrizione, esclusivamente su invito, gli utenti possono entrare e uscire dalle diverse “room”, ovvero chat dedicate ai più svariati argomenti, intervenendo liberamente o limitandosi ad ascoltare: in sostanza, un ambiente globale di discussione basato su un insieme di podcast interattivi (e non memorizzabili).
L’iniziale successo che Clubhouse sta registrando conferma in realtà la tendenza già vista da qualche anno: il consumatore quando può scegliere tra parlare a un dispositivo e digitare su una tastiera, opta sempre più spesso per la prima opzione. Pensiamo, ad esempio, alla costante crescita dell’utilizzo degli assistenti vocali, delle funzioni di ricerca vocale e degli stessi voicebot basati sull’Intelligenza Artificiale.
Con l’arrivo di Clubhouse, l’interazione vocale non è più solo nel dialogo uomo / macchina, ma diventa un vero e proprio palcoscenico per la condivisione di esperienze e opinioni.
Qui di seguito condividiamo un commento di Fabio Betti, fondatore di 2MuchTv, agenzia specializzata nell’ideazione e produzione di campagne di comunicazione social.
“Il successo del nuovo fenomeno social Clubhouse è un’ulteriore conferma del nuovo trend che vede la rivincita delle parole sulle immagini. Dopo anni di predominio di immagini e video, si fa strada una nuova modalità di fruizione, che passa dalla creazione e condivisione di contenuti audio. L’intrattenimento uditivo si sta facendo prepotentemente strada e Clubhouse si aggiunge all’esplosione incredibile di podcast e audiolibri, sui quali ha deciso di puntare anche Spotify.”
Rosa Maria Molteni, Marketing & Communication Manager di Spitch, azienda svizzera di communication automation, ha commentato: “Clubhouse risponde sicuramente alla naturale esigenza, sempre più diffusa e sentita, anche a livello di social media, di riportare l’interazione al suo medium naturale e informale: la voce. L’originalità di questo mezzo ci dimostra che si stanno avvicinando i tempi in cui smetteremo di passare buona parte della giornata con lo sguardo basso, a scrollare e digitare su uno schermo. Dal punto di vista business, è una richiesta che registriamo sempre più spesso in diversi settori, dal customer service, alla sanità, passando per il finance e il retail: la declinazione nell’intrattenimento dimostra quanto sia efficace parlare per coinvolgere e convincere”.
Mentre il nuovo social network raccoglie sempre più utenti pur nella versione Beta, non mancano però le polemiche. Anche se queste conversazioni non sono memorizzabili, l’impronta vocale è infatti un dato biometrico sensibile, specialmente quando associata ad altri dati personali. Soprattutto, come già successo per FaceApp, il rischio diviene concreto quando non è ben chiaro se, come, dove e da chi le informazioni condivise vengono conservate.
Secondo lo Stanford Internet Observatory, Clubhouse deve affinare la propria policy sulla questione privacy, in quanto la maggior parte del flusso di dati si poggia su una società terza cinese con sede a Shangai chiamata Agora, e rassicurare il mercato sull’utilizzo di una crittografia all’avanguardia.
L’utilizzo di tecnologie di protezione dati obsolete o insufficienti, che consentirebbe di intercettare, registrare, conservare o trascrivere tutto quello che accade nelle room, va infatti non solo contro la legge, ma contro lo spirito stesso del social.
Denis Legezo, security expert di Kaspersky, ha commentato il recente fenomeno Clubhouse e i rischi correlati alla popolarità di nuove app, spesso sfruttate dai criminali informatici per monetizzare o installare un codice dannoso sui dispositivi degli utenti.
“Sono due i rischi principali legati alla popolarità di Clubhouse: la vendita degli inviti e le applicazioni che imitano l’app legittima. In entrambi i casi, viene sfruttato l’interesse degli utenti per la piattaforma social”.
“Il primo scenario è il più semplice e consiste nella monetizzazione su piccola scala. Il secondo caso, invece, è più complesso. Gli attaccanti possono distribuire il codice dannoso attraverso finti software popolari come potrebbe esserlo, ad esempio, una versione falsa di Clubhouse per Android”.
“In base alle autorizzazioni concesse nelle impostazioni di sicurezza del dispositivo Android, l’applicazione fake dannosa potrebbe localizzare il dispositivo con vari livelli di precisione, registrare audio e video, ottenere l’accesso alle app di messaggistica e molto altro”.
“Esistono anche alcuni rischi meno comuni. Ad esempio, gli attaccanti potrebbero implementare la funzionalità di registrazione audio nei dispositivi in cui è consentita: in questo caso, sarebbero in grado di ottenere registrazioni di alta qualità da utilizzare per perfezionare gli algoritmi di machine learning e creare deep fake più avanzati. Il modo migliore per proteggersi è quello di prestare attenzione quando si decide di effettuare un download e impostare misure di sicurezza adeguate sui dispositivi”.
Fonte “Olimpo Informatico”